martedì 28 aprile 2009

Lama

Quando sentite i finlandesi usare la parola lama - ed ultimamente viene pronunciata spesso - , non stanno discutendo sulla fauna andiana o nemmeno dei massimi filosofici. Scritta e pronunciata senza il doppio vocale questa parola significa, in finlandese, la depressione economica. Una parola del quale significato concreto la maggior parte degli abitanti dei paesi sviluppati sta solo imparando di conoscere, ma il quale evoca sicuramente delle memorie ben precise e non tanto distanti nei finlandesi in età adulta.

La Finlandia ha attraversato, nei primi anni degli '90 una depressione economica devastante. La crisi ha avuto gli inizi nel settore finanziario, dove la liberazione del mercato del credito dalla parte della Banca di Finlandia avvenuto negli anni '80 ha risultato, nei primi anni del '90 ad una enorme stretta del credito . Lo Stato ha cercato di salvare la banche stanziandole prima un credito senza un tasso d'interesse per 7,1 miliardi marchi finlandesi (circa 1,2 miliardo euro), e poi sussidi per 61 miliardi marchi (circa 10 miliardi euro). Comunque, non sono stati sufficienti per salvare il gruppo delle casse di risparmio SKOP, che prima della crisi aveva avuto lo share di 30 % del mercato bancario in Finlandia. La situazione già difficile è stata aggravata ulteriormente dallo scioglimento dell'Unione Sovietica e la fine del cambio bilaterale importantissimo non solo per singole aziende, ma interi settori d'industria. I risultati sono facili da intuire. Anche le figure macroeconomici dell'epoca parlano chiaro: Nel triennio dal 1990 al 1993 il PIL è sceso del 13 per cento - con la punta di meno 6,2 per cento nel 1991 - e la disoccupazione è salita dal 3,5 per cento registrati nel 1990 al 18,9 per cento.

Nel piano individuale l'impatto con la crisi è stata traumatica per molti finlandesi, soprattutto dopo la forte crescita economica degli anni '80, durante i quali la Finlandia venne spesso definito addirittura "il Giappone d'Europa" (ironia del sorte, o forse no, visto i gravi problemi economici attraversati poi anche dai nipponici). Per la mia famiglia le cose sono andati, tutto sommato, bene. Nessuno è rimasto senza lavoro a lungo, nessuno ha dovuto cedere la casa per i debiti. Io stessa, all'epoca, ero una scolaresca, e sicuramente non capivo fino in fondo la serietà della situazione. Però in retrospettiva capisco che le difficoltà che incontravo nel trovare un più semplice lavoretto erano legati anche alla situazione generale. Capisco anche che certe scelte che ho fatto, soprattutto quello di stringere la cinghia - a volte letteralmente - piuttosto che chiedere per il prestito studentesco, visto che non era affatto detto che dopo avessi trovato un lavoro, erano dovuti alla sfiducia generale generata dalla lama.

Nel 1995 non era ancora per niente scontato che la Finlandia raggiunga - o addirrittura superi - di nuovo la prosperità degli anni '80. Sembra che nessuno sappia predire con l'essattezza quali saranno gli effetti della crisi attuale, di proporzioni globali. Ma i finlandesi sicuramente avranno un squardo realistico sulle difficoltà che possano aspettarci prima e addirrittura ancora anni dopo la ripresa.

sabato 11 aprile 2009

Hotelli Torni

Ed ecco il post leggero. Vivendo a Helsinki, ho, evidentemente, i miei locali preferiti. L'Ateljee Bar del Hotelli Torni è forse il mio preferito in assoluto. Mi piace per i drink costosi sì, ma talmente ben fatti che non sembra una fregatura pagarne sui 10 euro e per la spettacolare vista dal 13simo piano di un albergo a "torre" ad una città dove i palazzi del centro non superano, per il piano regolatorio, 4-5 piani. Ma mi piace soprattutto per la storia, veramente unica, dell'edificio e dello stesso albergo.


Il Hotelli Torni fu inaugurato nel 1931. Il piano, nello stile che combina elementi del tardojugend a quelli del funzionalismo, è dello studio Jung & Jung. All'epoca era l'edificio più alto abitabile non solo di Helsinki, ma di tutta la Finlandia. Tenne il primato fino alla costruzione della sede Neste (attualmente Fortum) negli anni '70. Prima della Seconda guerra mondiale era l'albergo indubbiamente più moderno della città. Come tale divenne subito gettonatissimo non solo dai circoli mondani, ma anche dagli intellettuali cantori del 20simo Secolo.


Se gli XII Olipiadi non fossero stati cancellati per la Seconda guerra mondiale, l'albergo avrebbe sicuramente vissuto il suo momento della gloria nell'estate del 1940. Ma inaspettatamente, era proprio durante e dopo la Seconda guerra mondiale che il Torni si trasformò da un semplice albergo ad una vera e propria scena della storia fatta. Durante il Guerra d'inverno fu uno dei sedi preferiti dei giornalisti provvenienti da tutto il Mondo per seguire gli avventimenti - anche se Indro Montanelli mi pare alloggiò nel già all'epoca storico Kämp. Durante Guerra di Continuazione era l'alloggio preferito degli alti ufficiali del Terzo Reich e degli artisti invitati a sollevare il morale negli aseveli-ilta, serate della varietà pattriotica, trasmessi radiofonicamente.


Nel 1944, dopo l'Armistizio di Mosca e cacciati via i tedeschi, arrivarono i sovietici. E questo giro non da semplici ospiti, visto che la Commisione di vigilanza degli Alleati - in pratica sovietica - scelse l'albergo per la sua sede. Sicuramente fu una scelta funzionale - l'albergo si trova a pochi passi dallo stazione ferroviario e praticamente a mezza via fra il Palazzo Presidenziale e il Parlamento. Offrì anche la possibilità di sorvegliare tutta la città dall'alto, e quindi la scelta portava una forte connotazione simbolica.


I sovietici lasciarono il Torni nel 1947, dopo che furono firmati i Trattati di Parigi, ma non prima di averne distrutto gli interni. L'albergo dovette essere completamente rinnovato per gli Olimpiadi del 1952. Grazie anche alla rinnovazione il Torni era l'albergo della scelta dei VIP fino agli anni '60, quando fu sormontato soprattutto dal Palace che oltre alla struttura moderna aveva la vista diretta al Kauppatori.

Ma i cocktail bar dello stampo americano, la cucina innovativa - per esempio, il primo ristorante cinese e pub irlandese in Finlandia furono inaugurati proprio nella struttura del Torni - e il servizio impeccabile garantirono la continua affezione della clientela helsinkese. Poche strutture alberghiere, per esempio, possono vantare di un'associazione che sorveglia che vengono seguite le tradizioni della sua ospitabilità, come Tornin ritarit, ovvero i Cavallieri del Torre. Per le giovani generazioni magari non è più un posto innovativo per cenare, visto l'ottimo lavoro dei giovani chef stellati Michelin, ma visto i nomination che raccoglie puntualmente per il miglior bar, non sarò l'unica rimasta folgorata dall'atmosfera unica.

martedì 7 aprile 2009

"Anni da grande fame"

Avevo l'intenzione di inaugurare questo blog con un messaggio primaverile, leggero e pieno di speranza. Purtroppo, sentendo le notizie e soprattutto vedendo le immagini che ci raggiungono dall'Aquila, non è possibile. Per chi, come finlandesi, abita nelle zone sismicamente stabili, è difficile immaginare com'è vivere in costante attesa di una scossa potenzialmente letale. Credo comunque che chinque, sui nostri latitudini, abbia la memoria dei disastri che hanno colpito i nostri antennati, provi immensa empatia verso chi ha visto briciolare la propria casa e, in peggior dei casi, perso i propri cari.

La storia finlandese, si sa, è piena delle devastazioni materiali di interi paesini e pure delle città negli incendi che colpirono costruzioni in legno. Fortunatamente, le disgrazie del genere solitamente ebbero un costo umano limitato. Ma non siamo estranee alle tragedie umane causate dalle forze della natura. Il suolo solido fennoscandinavo purtroppo non è particolaremente fertile. Combinato al clima tutt'altro che mite e all'isolamento ha contribuito alle carestie severe anche nel livello mondiale.

L'ultima grande carestia, suuret nälkävuodet, oppure 'anni da grande fame', colpì Finlandia fra 1866 e 1868. Il periodo può sembrare lontano, ma in realtà già uno dei miei bisnonni, nato nel 1854, era un sopravvissuto. Permesso che la società, le comunicazioni e le trasportazioni erano già sufficientemente sviluppate per evitare certe situazioni da finemondo ben documentate avverrate durante le carestie del '600, fino al 8 % della popolazione - sui 150 000 persone - morì a causa soprattutto delle malattie infettuose.


Le prime vittime del disastro furono, già nel autunno inoltrato del 1866, i lavoratori stagionali, visto che all'epoca la loro paga consisteva principalmente di una parte della raccolta. Rimanendo senza la paga furono costretti di accettare il lavoro nei cantieri allestiti per i grandi lavori dal Senato, dove le condizioni igieniche erano talmente disastrose da risultare al rapido diffussione delle epidemie. Altri, soprattutto abitanti del Nord, migrarano in Finnmark, Norvegia settentrionale, dove c'era la possibilità di guadagnare da vivere sui pescareggi. Molto rimasero, formando delle intere comunità sulle coste.

Comunque, nel corso della crisi pure gli agricoltori independenti indebitarono, essendo costretti di comprare i cereali a prezzi proibitivi, visto che le raccolte erano state magre anche altronde in Europa. Fratello maggiore di mio bisnonno perse la fattoria per i debiti accumulati nei primi anni del 1870, e si immigrò negli Stati Uniti. La storia tramandata nella famiglia non racconta la causa dell'indebi, ma è possibile che i nälkävuodet abbiano contribuito.

In ogni caso, il disastro quasi annunciato per l'arretratezza dei metodi agricoltori fece sì che finalmente si prese dei passi per prevenire situazioni simili. Le autorità e le associazioni degli agricoltori diffusero delle informazioni sui metodi agricoltori efficaci. I comuni neofondati furono obblicati di costruire e mantenere magazzini per le scorte d'emergenza. Il magazzino del mio paesino si trova ancora sulla collina vicino alla Chiesa decisamente più moderna. La prevenzione ebbe dei frutti. Già per la generazione di mio nonno pettuleipä, il pane di segale allungato con la farina ottenuta dalla scorza di pino era una curiosità fatta assaggiare dai genitori per dare ai figli un idea di quanto erano fortunati di mangiare del pane "puro" anche nei lunghi mesi primaverili ed estivi prima della nuova raccolta.